Nel concentrarsi sul vendere non bisogna mai dimenticare che
il commercio è uno scambio di valore.
Ottieni soldi in cambio di un beneficio.
Più il beneficio è alto (o percepito come tale) più soldi le persone sono disposte a pagare.
Per quanto si possa giocare sulla percezione del beneficio (e ci si può giocare tantissimo), un beneficio reale deve essere trasferito in qualche modo, altrimenti, prima o poi, la bolla ti scoppierà tra le mani e non sarà piacevole.
Per beneficio reale non intendo necessariamente tangibile o diretto, tanti brand vengono acquistati, coscientemente o meno, per posizionarsi nella società. Il famoso “status symbol” è vivo e vegeto.
E qui si entra nell’affascinante mondo della percezione umana che è soggettiva e influenzata dagli input che riceve (…infatti fare marketing è dare i corretti input alle persone giuste ).
E’ un promemoria quasi scontato, ma subdolamente determinante, e lo ripeto: il commercio è uno scambio di valore.
Qualsiasi business, per vivere e prosperare deve fare utili.
E non pochi, di solito.
Di conseguenza ogni mese dobbiamo vendere diversi quintali di benefici.
E che siano buoni, perché altrimenti poi le persone non ne parlano bene in giro. Anzi, raccontare agli amici brutte esperienze è una delle attività preferite delle persone. Perché una persona si prenda la briga di condividere spontaneamente un’esperienza positiva questa deve essere non meno che eccellente, se non straordinaria.
In realtà è a ottenere questo tipo di reazioni che almeno idealmente ogni azienda dovrebbe puntare.
Il “customer centric”, mettere il cliente al centro… per quanto giusta, è un’espressione che mi nausea ormai da quanto viene usata da chi si occupa di business. Ma l’esperienza quotidiana dimostra (non solo a me come addetto ai lavori, ma a tutti come clienti) che sono pochi quelli che la mettono in pratica.
Per esperienza diretta so che tradurre la teoria nella pratica non è sempre facile, ma, nel frattempo, le aspettative dei clienti sono sempre più alte. Eguagliare Amazon non è perseguibile, differenziarsi è, di nuovo, la strada da perseguire.
A proposito di persone al centro, ad oggi siamo più di 7 miliardi e mezzo. Persone, non aziende.
Mi rivolgo a chi ha come clienti altre aziende, il b2b (business to business): non sono le “aziende” che vendono o comprano, sono le persone che ci lavorano dentro a compiere le azioni.
(…almeno per ora, ché ancora i robot non hanno preso il sopravvento, ma questa è un’altra storia.)
Ergo, quando vuoi vendere ad altre aziende è in particolare il decision maker quello che deve percepire i benefici che puoi offrire.
E il decision maker è una persona precisa, con i suoi bias e i suoi personali obiettivi, che non sempre corrispondono a quelli dell’ufficio tecnico o dei commerciali o di altri reparti con cui hai parlato per settimane. Magari hai convinto loro, ma a loro volta, sapranno convincere il decision maker?
Tornando alla domanda iniziale:
Cosa vuole la tua azienda dalle persone?
Se i risultati che la tua azienda ottiene non sono quelli che vorresti, un controllo sempre valido da fare è:
Quello che offro vale quello che chiedo?